Novità legislative in tema di modifica unilaterale dei contratti bancari di durata e diritti di recesso

Una disciplina che negli ultimi cinque anni ha visto crescere il potere di variazione degli istituti di credito, riducendo quello di recesso dei correntisti.

Il decreto legge n. 623 del 4 luglio 2006 – convertito con legge n. 248 del 4 agosto 2006 – ha innovato l’articolo 118 del Testo Unico Bancario (di seguito, TUB), introducendo la disciplina delle variazioni unilaterali delle condizioni contrattuali nei rapporti bancari. Disciplina, quest’ultima, che ha visto negli ultimi cinque anni accrescere il potere di variazione degli istituti di credito riducendo corrispondentemente quello di recesso dei correntisti.

L’articolo 118 TUB ha subito due recenti modifiche di cui si vuole dare conto: la prima, attraverso il decreto legislativo n. 141 del 13 agosto 2010; la seconda, attraverso il decreto legge n. 70 del 13 maggio 2011 di recente pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

L’articolo 118 TUB prevede una facoltà di modifica unilaterale dei tassi, dei prezzi e delle altre condizioni stabilite nei contratti bancari, subordinatamente al rispetto di quattro condizioni:

1) che sia circoscritta ai contratti a tempo indeterminato;

2) che sia “convenuta” con clausola espressamente approvata dal correntista;

3) che sia alimentata da un “giustificato motivo”;

4) che la modifica sia comunicata al cliente con un preavviso minimo di due mesi entro il quale il cliente  possa recedere.

La stessa norma esclude che la facoltà di modifica dei tassi di interesse possa essere estesa anche agli “altri contratti di durata”.

Dunque, la prima macro separazione si pone tra i) contratti di durata e ii) contratti a tempo indeterminato: i primi sono tipicamente quelli nei quali è prevista una scadenza e il riferimento più comune è al mutuo, mentre gli altri sono quelli nei quali una scadenza non è prevista come (tipicamente) avviene per i contratti di conto corrente. Possono non essere a termine anche i contratti di apertura di credito o i contratti di castelletto, per i quali ultimi sia prevista la semplice facoltà di revoca.

È intuitivo come il legislatore abbia voluto escludere – per quei contratti a struttura rigida, quali appunto il mutuo e/o il finanziamento – la possibilità che il contraente più forte introducesse variazioni su un elemento fondamentale del contratto quale quello relativo ai tassi.

Concentriamo ora la nostra attenzione sui contratti a tempo indeterminato: per comprendere a quale condizione sia subordinata la facoltà di modifica delle previsioni contrattuali da parte della banca (c.d. ius variandi).

Ebbene, delle condizioni riferite, due attengono a requisiti obiettivi (l’autorizzazione preventivamente data dal cliente e la comunicazione fornita dalla banca), mentre la terza afferisce al “giustificato motivo” che deve sorreggere l’esercizio della facoltà di modifica concessa alla banca. Condizione, quest’ultima, per la cui necessaria interpretazione è opportuno riferirsi ad un documento di “chiarimenti” diramato il 27 febbraio 2007 da parte del ministero della sviluppo economico e riferito, evidentemente, al primo testo legislativo del 2006 contenente la stessa condizione del “giustificato motivo”.

Secondo tale documento, il “giustificato motivo” può afferire sia alle qualità del cliente – con il suo “grado di affidabilità” – sia alle variazioni di condizioni economiche generali che influiscono sui costi operativi sostenuti dagli intermediari.

Alla luce del chiarimento del ministero ben si giustifica la ragione per cui il “giustificato motivo” debba essere comunicato al cliente affinché questi possa valutarne la fondatezza e la congruità ovvero contestarlo e difendere i propri interessi.

In ogni caso, ciò che appare evidente è che la normativa – già secondo la formulazione illustrata – consente una certa elasticità di interpretazione oltre alla possibilità di fare leva su una frequente indolenza del correntista (infatti, trascorso il termine di 60 gg dalla comunicazione, la variazione richiesta dalla banca ha valore contrattuale).

Leggiamo ora, invece, le novità introdotte dal decreto legge n. 70 del 13 maggio 2011 recante “prime disposizioni urgenti per l’economia”, il cui articolo 8 comma 5 lettera f) prescrive l’aggiunta all’art 118 TUB di un comma 2 bis che così dispone:

“se il cliente non è un consumatore né una micro-impresa ….. omissis….. Le parti possono convenire di non applicare in tutto in parte le disposizioni del presente articolo”.

L’articolo 8 comma 5 lettera g) (del medesimo D.l.70/2011) aggiunge che “… omissis….. ai contratti in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto….. i soggetti di cui all’articolo 115 TUB [: nel nostro caso, le banche] entro il 30 giugno 2011 comunicano con le modalità indicate al comma 2 dell’articolo 118 del TUB, le modifiche apportate ai contratti medesimi. La modifica si intende approvata qualora il cliente non receda dal contratto entro 60 giorni dal ricevimento la comunicazione”.

Per avere chiara la portata dell’operata modifica del TUB, occorre prima definire l’ambito di applicazione soggettiva della stessa che non trova applicazione nei riguardi dei consumatori o delle micro imprese.

Nel definire le micro imprese, l’articolo 1 comma 1 lettera t d.lgs. n. 11 del 27 gennaio 2010 rimanda alla raccomandazione n. 2003/361 del 6 maggio 2003 della Commissione CEE (pubblicata in Gazzetta Ufficiale, legge n. 124 del 20 maggio 2003) la quale offre la seguente definizione: “un’impresa il cui organico sia inferiore a 10 persone il cui fatturato o il totale di bilancio annuale non superi 2 milioni di euro”.

Da quanto sopra ne discende che la novità normativa – dalla cui applicazione è esclusa la micro impresa (secondo la definizione sopra data) – permette la deroga delle disposizioni a cui è condizionata la facoltà di modifica unilaterale dei contratti bancari, ovverosia la deroga di quelle garanzie minime costituite i) dalla necessità di pattuire per iscritto l’autorizzazione alla modifica unilaterale e ii) dalla obbligatorietà di fornire un “giustificato motivo”.

Secondo tale novità, allora, gli Istituti di credito possono lasciare sé stessi arbitri delle variazioni unilaterali anche in materia di tassi e soprattutto senza alcuna distinzione tra contratti a tempo indeterminato e contratti di durata, abilitando anche per questi ultimi e senza alcun giustificato motivo l’introduzione di variazioni contrattuali.

In ultimo, un altro aspetto pare degno di nota. Per i contratti in corso la “convenzione” (cioè l’adesione pattizia del correntista alle variazioni contrattuali introdotte unilateralmente dalla propria banca) viene data per avvenuta con il semplice decorso del termine di 60 giorni dal ricevimento di una comunicazione con la quale si informa l’importante introduzione contrattale purchè la comunicazione venga trasmessa entro il 30 giugno del 2011.

Unica modesta possibilità di reazione lasciata al correntista è la facoltà di recesso ove esercitata entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione.


potrebbero interessarti

Sovraindebitamento: l’accordo di composizione della crisi “di famiglia”
Responsabilità dell’amministratore senza delega per omesso controllo dei delegati